Metodo · Incipit di Piera

Piera Giacconi-Eyeem portrait

La Fiaba da cui tutto partì

 

C’era una volta una Fiaba, una bella Fiaba, di quelle che fanno sognare e allargano il cuore dei piccoli e grandi uomini che crescono sulla terra, e si sentiva terribilmente sola. “Se almeno qualcuno mi raccontasse, se qualcuno mi ascoltasse… – si diceva – che ne so, sotto una notte di stelle cadenti oppure sprofondati nel divano, davanti al fuoco o davanti al mare, sotto un albero carico di frutti o sotto un fresco porticato, …che bello sarebbe abitare quei cuori, invece della polvere di queste pagine…”.

 

Se ne stava lì, prigioniera di un bel libro senza illustrazioni, un po’ vecchiotto, tipo quelli per persone che vanno all’università o al liceo per capirci, sospirando così forte che si stupiva nessuno la sentisse: nelle biblioteche civiche, nelle librerie delle case dove amano leggere, nelle scuole, nelle sale d’attesa dei pediatri, nelle accademie di recitazione. Nessuno rispose al suo appello: zero meno zero, uguale zero assoluto.

 

Erano passati alcuni decenni, da quando cioè gli psicologi negli anni ’70 avevano decretato che tutto quel sangue - misto ai tradimenti dei più stretti parenti e spaventosi boschi pieni di belve, abitati da giganti mangiauomini nelle caverne, da streghe tentatrici nelle capanne, da orchi cattivi nei castelli usurpati, il tutto sorvolato da demoni ingannatori - non andava bene per i bambini, era roba vecchia e apparteneva alla cultura popolare del secolo scorso, che quella Fiaba aveva incominciato a sentirsi terribilmente sola. E ora non ce la faceva proprio più. Aveva cominciato a scuotersi, a fremere, facendo saltare talvolta perfino gli scaffali, certa che prima o poi qualcuno l’avrebbe liberata. E fremi di qua, e vibra di là, salta, sobbalza, sbuffa e sospira, un bel giorno – anzi era pomeriggio tardi –, una bimba se ne accorse.

 

Poiché era ancora in quell’età – sotto i 5 anni – in cui la realtà sembra magica, e non si sarebbe stupita che l’albero di ciliegie in giardino parlasse, pensò che quel libro lassù stava stretto e aveva bisogno di respirare. Perciò Lisa, che stava disegnando per terra con le matite su dei grandi fogli bianchi, si alzò senza dar segno di sentirsi disturbata da questa interruzione. Infatti si stava un po’ annoiando tutta sola in quella grande bella casa pulita, dove tutti erano gentili e calmi e la vita scorreva lenta come le stagioni nei campi. Si avvicinò allo scaffale della sua libreria e vide quel piccolo libro con le punte un po’ arricciate dall’uso, che sobbalzava come si fa su una jeep che attraversa le piste dei safari fotografici in Africa. «Mmh, lo hanno letto per benino i miei» pensò osservandone gli angoli. Lo prese in mano, e la magia fu.

 

Una polvere di piccole stelle argentate si sprigionò dalle pagine quando Lisa aprì a caso il libro, e siccome non sapeva leggere bene, la voce della Fiaba iniziò a raccontarle il suo sogno. Come una musica dolce, le immagini si infilavano una dopo l’altra in una collana che formava la storia, 12 perle cresciute nel fondo del mare turchino di un paese lontano in oriente. Quanta gioia nell’ascoltarla per Lisa, e quanta gioia nel raccontarsi per la Fiaba, che finalmente viveva.

E rivivendosi in quel cuore bambino, si ricordò della sua antica grande saggezza. Per millenni era stata raccontata, di bocca in bocca era passata, in tutte le culture del pianeta era seminata, dalla tecnologia era stata poi dimenticata. Quanti cuori aveva acceso, quanta fiducia aveva infuso, quanta calma aveva piantato! Ne sentiva ancora le radici.

 

Un grande luminoso successo era ora di nuovo davanti a lei: nelle feste di compleanno, nei teatri, nei giardini pubblici, nei consultori, nei corsi pre-parto, nelle case per anziani, negli asili, nei reparti di ospedale dove arrivano cuori di piccoli e grandi uomini che hanno smesso di sognare, nelle culle, nei corsi sulla creatività per imprenditori e dirigenti, alla televisione, sui giornali. Nella terapia nell’arte nella formazione avrebbe fatto udire nuovamente la sua voce: che illuminazione! Facciamo uscire le Fiabe dallo studio degli psicanalisti, quelli che parlano parlano parlano scavano scavano scavano nell’inconscio. Restituiamo agli artisti lo studio dei simboli e come loro tuffiamoci oltre il solito il certo il conosciuto. Esploriamo il mondo fluttuante nel quale siamo perennemente immersi senza rendercene conto. Rendiamocene conto, torniamo uomini e donne, torniamo semplici.

 

Ma tutto questo turbinìo era troppo per Lisa, che si spaventò e chiuse subito il libro con gli occhini sbarrati e un grande sospiro. Corse a chiamare sua madre in cucina, che stava ritagliando degli articoli interessanti per il suo lavoro, stava raccogliendo materiale creativo, era in contatto con l’ispirazione. Le spiegò che un libro saltellava in camera sua e se si apriva una polvere luminosa di stelle argentate cominciava a raccontare storie di perle dei mari lontani e di grandi progetti. Incuriosita, la mamma tranquillamente si alzò e seguì Lisa in camera sua. Aveva l’abitudine di lavorare con le persone per sollevare le loro sofferenze, e questo episodio le fece sentire un profumo da seguire. Era forse l’ispirazione che stava cercando, per trasformare e arricchire la sua professione?

 

Quando Renata prese il libro in mano, la Fiaba pensò: «Il tutto per tutto devo tentare, un’altra volta da qui non riesco a uscire, se con la prima male son capitata, ora su di lei devo puntare: altri 30 anni qui non ci voglio restare!». E cominciò a dire con voce argentata: “Le Fiabe sono un capolavoro, sono antiche e lucenti, brillano della stessa luce del tuo cuore, vibrano con lui e con la Vita. Come un blocco di marmo grezzo esprime la bellezza a ogni colpo di scalpello, le Fiabe invitano a lasciar andare le piccole cose che vi rendono goffi e non veri. La bellezza è nella semplicità di un gesto puro. Scegliere di onorare la vita, fuori e dentro di voi, con una decisione irreversibile: questa è la magia delle Fiabe”.

 

Renata, una naturopata con una preparazione eclettica in vari campi, sorrise come una bimba che incontra un coniglio parlante, senza montarsi la testa per il mare di opportunità che si affacciava finalmente alla sua vita, e restò ad ascoltare la voce della Fiaba. “Forza su dài andiamo insieme nelle librerie, nei teatri, nei corsi per professionisti, nei gruppi di counselling: non sono solo per i bambini, sono un insegnamento saggio per i grandi che si credono piccoli nell’immenso. Forza su dài andiamo a dirlo a tutti, sui giornali femminili, sui quotidiani, alle televisioni, nelle scuole di teatro, con i musicisti. Organizziamo vacanze-benessere, convegni internazionali, libri, creiamo, su dài, esageriamo!”. Era tale la gioia che Renata sentiva nel profondo per il tanto desiderato risveglio della sua anima, e tanta era di nuovo la gioia della Fiaba – che aveva sentito nel suo cuore di donna quella nuova apertura e quindi la possibilità di essere finalmente liberata –, che una forza spinse Lisa verso la madre e la baciò: come la Bella Addormentata allora Renata si svegliò e comprese.

 

“Ma certo, è con il cuore e lo spirito insieme che posso fare la cantastorie, con le mie ampie competenze, arricchite però dalla grandezza di un cuore bambino, di quella innocenza che batte nel petto degli uomini di tutto questo pianeta. Nulla mi mancherà se seguo le armoniche dell’universo: esprimere questa natura giocosa, fanciullesca, spiritosa darà spontaneità al mio lavoro, ovunque sia. E io mi sentirò viva e fresca, vitale e leggera, anche lavorando con i mostri più mostruosi nascosti nel buio più buio dei cuori e delle menti delle persone. Ora comprendo l’importanza di essere uno strumento della vita, di lasciarla fluire attraverso il corpo, la voce, i gesti, le opere, senza oppormi alla crescita che è destinata a me come a ciascuno, e lasciarmi nutrire da questo infinito che risveglia e fa esprimere la vita in me. Alchimista, scrittrice, attrice, terapeuta, formatrice, nutrice, donna donna donna, un fuoco d’artificio, 1000 forme e 1000 colori, luce nel buio, donna donna donna…”.

E prendendo Lisa per mano, che le saltellava dietro felice, scesero le scale per andare incontro a Guido, che sarebbe presto arrivato per cena. Un sorriso radioso

   

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